STORIA

Matteo Massari

Una nuova vita in smart working

Matteo Massari ha 36 anni anni ed è Responsabile Assicurazione Qualità e Certificazioni in Coop Alleanza 3.0. Il suo percorso in Cooperativa inizia come Allievo Capo reparto gastronomia nel 2010, pochi mesi dopo il conseguimento della laurea specialistica in Organizzazione e valorizzazione del patrimonio gastronomico. Dopo diverse esperienze nella rete di vendita, nel 2017 è richiamato in sede, dove inizia a svolgere il suo nuovo ruolo di responsabile nel 2018. Lo abbiamo incontrato perché ci racconti un po' come ha vissuto questi ultimi mesi in smart working e cos'è cambiato nel suo lavoro di tutti i giorni.

Se torniamo a un anno fa, in quel momento in cui siamo rimasti tutto a casa. Come hai vissuto quell'esperienza?

Al principio è stato piuttosto traumatico: di punto in bianco tutti a lavorare da casa, ma nella frenesia hai la fortuna di non pensare troppo al momento di preoccupazione generale che stai vivendo. All'inizio non è stato semplice: io sono il responsabile di otto persone, divise in due gruppi, ed eravamo abituati a lavorare in un unico ufficio open space, dove la presenza era l'abitudine. Il confronto continuo era scontato, soprattutto nelle emergenze e nelle attività straordinarie, che sono gran parte del nostro lavoro, al punto da rendere quasi difficile il lavoro in un open space come il nostro, tra conversazioni, telefonate, eccetera. Per cui lo stacco è stato notevole. Allo stesso tempo però abbiamo iniziato ad usare fin da subito gli strumenti messi in campo dall'azienda, ad esempio Teams, riuscendo a ricreare il nostro confronto quotidiano in un ambiente virtuale, e piano piano ci siamo abituati alle nuove modalità. In un anno ci siamo strutturati bene. Abbiamo portato a termine tante attività, e nel momento in cui abbiamo fatto un bilancio del 2020 è emersa una grande soddisfazione per tutto il lavoro svolto. È stato un anno, che come ho detto anche ai miei collaboratori, dobbiamo guardare come a un successo. Non ci siamo fatti scoraggiare, facendo tutto quello che era in programma e anche attività straordinarie. Insomma, nonostante la lontananza, siamo riusciti a migliorare la nostra efficienza, e parte del merito credo vada anche al fatto che siamo riusciti a evitare dispersioni di tempo, riuscendo al contempo a instaurare un nuovo modo di mantenerci in contatto.

Nella gestione del gruppo quali sono state le competenze utili nel costruire un nuovo equilibrio? Cos'è fondamentale per un team a distanza?

Credo di essere una persona piuttosto empatica, una caratteristica che mi ha aiutato molto in questa situazione, perché è molto più complesso intercettare gli umori delle persone a distanza, capire quando c'è stress o tensione. Essere in grado di intercettare queste situazioni mi ha favorito. Allo stesso tempo bisogna essere in grado di gestire il rapporto col gruppo e coi singoli collaboratori, facendo sentire la tua presenza ma senza dare la percezione di un controllo. L'obiettivo è essere vicino ai tuoi colleghi, così da poterli aiutare ed essere aiutato. Il salto che stiamo ancora intenti a fare, ma che abbiamo già spiccato, è quello di iniziare a basare il nostro lavoro tutto sulla fiducia reciproca. E questo significa anche essere capaci di adottare un'ottica smart nel tempo lavorativo. E questo passo avanti che abbiamo fatto tutti insieme è stato repentino.

Quali delle formazioni messe in campo dalla Cooperativa ti sono state utili ad affrontare questa situazione nuova?

Le prime formazioni sul remote working e remote management sono state fondamentali per fare quel salto di cui parlavo prima, hanno fornito gli spunti di riflessione per effettuare determinate strategie con il gruppo. Poi penso alla formazione sulla gestione delle riunioni a distanza, che ci ha guidati nell'adottare un modus operandi che assolutamente non avevamo: ora entriamo in riunione con un ordine del giorno, sapendo di cosa si parlerà, con tempi e obiettivi precisi. In più il mio settore ha avuto la fortuna di beneficiare di molta formazione tecnico professionale. Ci ha dato tanti stimoli e idee per cambiare il modo in cui lavoriamo e le attività del futuro, penso alla formazione da Lead Auditor, che oggi permette ai miei collaboratori di andare di persona dai fornitori. Ed è stato importante anche il fatto che anche la formazione fosse in remoto, perché ci ha insegnato che anche a distanza è possibile sviluppare nuove competenze in modo efficace. Infine le pillole di dicembre-gennaio, perché hanno un modo di fruizione molto stimolante, non passiva. Perché da remoto è un attimo perdersi e trovo che una formazione proattiva come quella delle pillole sia un ottima soluzione per bypassare il problema.

Tu sei un grande sostenitore del remote working. Che impatto ha avuto sulla tua vita personale?

Un impatto molto positivo. Tolto il primo periodo di lockdown in cui mi sono trovato completamente solo in casa, mi ha dato molta soddisfazione, anche perché essendo impegnato in una relazione a distanza ho avuto modo di stare di più con il mio compagno, portando avanti la mia attività e al contempo convivendo. Allo stesso modo il remote working mi ha dato la possibilità di dare una mano anche ai miei genitori, che purtroppo hanno qualche problema di salute: quando mio padre è stato poco bene, ho preso il PC e ho lavorato da casa loro, così ho potuto stargli vicino senza dover interrompere il lavoro. In generale la mia qualità della vita è migliorata molto, perché oggi sono molto più in grado di programmare i tempo vita-lavoro. È un vantaggio impagabile, che permette anche scelte di vita particolari, non solo per quel che riguarda me ovviamente.

E ora? Cosa ti aspetti nel prossimo futuro e di quali strumenti avremo bisogno per affrontarlo?

Credo che la prossima sfida sia quel passaggio da remote working a smart working che permetta al lavoro di evolversi in modo ancora più efficace. Il cambio culturale è avviato, ma c'è ancora tanto da fare, per quanto la direzione intrapresa sia quella giusta. In futuro credo che possiamo migliorare ancora dal punto di vista organizzativo: ad esempio nel considerare spazi di lavoro meno rigidi, con postazioni dinamiche che ci consentano di entrare in contatto con altre persone, o anche nel provare cose nuove nella vita quotidiana sul lavoro, come le riunioni in piedi che vediamo nelle imprese americane. Insomma, mi immagino di vivere il lavoro in modo sempre più smart, superando anche gli scogli più arditi come la flessibilità nell'orario lavorativo. Ma vista la velocità con cui abbiamo superato quest'ultimo anno, non ritengo davvero nulla impossibile.

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